Quello tra pittura e fotografia è un dibattito molto intenso e duraturo.
È il periodo delle stampe alla gomma bicromata, la quale permetteva di raggiungere effetti di sfumato e di colorazione simili a quelli dell’acquarello.
Robert Demachy e poi Edward Steichen utilizzarono questa tecnica raggiungendo risultati avvincente. Non riuscirono mai a sviare del tutto dall’immagine pittorica, la quale rimase sempre come modello di riferimento.
All’interno di questo sistema operarono altri autori, da Clarence White a Gertrude Käsebier, da Heinrich Kühn ad Alfred Kristein, le cui opere restituiscono un’immagine del mondo assumendo un valore simbolico.
Del resto, questo è il periodo in cui trionfa la cultura simbolista. Anche i fotografi contribuiscono all’ideazione di questo clima di fine secolo, dimostrando che anche per la fotografia vale questa concezione.
A questo proposito, è anche necessario ricordare l’utilizzo sempre più frequente della fotografia, in grado di ricreare più copie della stessa opera in modo identico, cosa che con la creazione di un quadro non era possibile fare.
Con il passare del tempo molti pittori iniziarono ad utilizzare la fotografia.
Se inizialmente personaggi come Eugène Delacroix o Gustave Courbet si servivano di fotografie create appositamente da professionisti, ora personaggi come Edgar Degas o Francesco Paolo Michetti utilizzano la fotografia come linguaggio parallelo a quello pittorico.
Essi avevano capito che la fotografia non era solo un sostituto della pittura, ma uno degli strumenti che contribuiva in maniera definitiva a variare la concezione della realtà e della pittura.
La nascita della fotografia
La fotografia nasce ufficialmente nel 1839, quando François Jean Dominique Arago illustrò all’Accademia di Francia la scoperta di Louis Mandé Daguerre. Si tratta della dagherrotipia.
Daguerre collaborò con Joseph Nicéphore Niépce. La fotografia ebbe un’altra figura principale: il fisico inglese William Henry Fox Talbot, ideatore della fotografia come noi oggi la concepiamo, ovvero un qualcosa di riproducibile per un numero infinito di copie.
Gli artisti iniziarono quindi a tenere presente delle possibilità che il nuovo mezzo poteva offrire, utilizzandolo per ritrarre soggetti da inserire in composizioni più estese. In effetti la relazione tra pittura e fotografia fu sempre limitata nonostante le distanze prese da parte dei pittori.
Questi rapporti si intensificarono dopo il 1860, con la fotografia istantanea. Con essa si ebbe la possibilità di fissare l’azione, per esempio il movimento di un cavallo in corsa (di Eadweard Muybridge).
Già negli anni precedenti, artisti come Manet si servirono delle fotografie nella fase primaria dei loro dipinti.
Fu necessario molto tempo prima che i pittori riconoscessero il nuovo mezzo, al quale intanto veniva commissionata la documentazione di svariati aspetti della realtà.
Nonostante alcuni riconoscimenti verso la fotografia, anche gli intellettuali esprimevano la loro avversione che insorse nel 1859 quando, accanto alla tradizionale arti della pittura, scrittura, scultura e dell’incisione, le si diede accesso al Salon. Diede voce alla protesta anche Charles Baudelaire.
Il pittore André Adolphe Eugène Disdéri deduce che la nuova arte era destinata a sostituire la pittura soprattutto dal punto di vista della ritrattistica con le cartes de visite.
Nel 1888 grazie ai continui perfezionamenti tecnici, fu messa in commercio la Kodak da George Eastman. Questa macchina fotografica era accessibile a più persone, dando una nuova consapevolezza visiva.
Il termine Kodak non ha un significato preciso: non significava nulla, ma la sigla inventata piaceva a livello sonoro.
Due differenti forme di arti
Tra i punti principali si possono sottolineare in questo nuovo periodo della fotografia:
- il passaggio da pittorialismo a fotografia diretta;
- l’utilizzo della fotografia come mezzo di comunicazione privilegiato;
- il confronto ravvicinato con le avanguardie storiche dei primi del Novecento, sino agli anni Trenta.
Gli anni Dieci segnano il passaggio tra il pittorialismo, il quale, ancora nei primi anni del secolo, dominava la scena mondiale e la cosiddetta fotografia diretta, che sarà il linguaggio più comune per i due decenni successivi.
I maggiori protagonisti di questi anni sono sicuramente Alfred Stieglitz ed Edward Steichen.
Entrambi nascono nell’ambito del pittorialismo e affiancano all’attività fotografica un impegno divulgativo, diventano nel corso del tempo i sostenitori della nuova fotografia.
La fotografia deve essere diretta: pura nel suo rapporto con il soggetto, chiara e precisa nella definizione delle forme e il più possibile oggettiva.
L’età d’oro vissuta dalla fotografia negli anni Venti e Trenta permise di sviluppare la fotografia sociale, pubblicitaria, artistica e documentaria.
La fotografia diretta aveva liberato il fotografo dalla necessità di giustificarsi di fronte ai tribunali dell’arte e della morale: se la fotografia poteva osservare e far guardare il mondo, questo dimostrava che la fotografia era un linguaggio autonomo e in grado di rispondere alle immagini dell’attualità.
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