“Giù le mani! Non infastidisco quello che fotografo, non ci metto niente di mio, non preparo niente.”
Citazione di Dorothea Lange
La grande fotografa americana Dorothea Lange, con le sue opere, ha contribuito alla fotografia socio-documentaristica del XX secolo.
La fotografa nasce a Hoboken in New Jersey il 26 maggio 1895.
Per motivi di salute e familiari trascorre un’infanzia ed un’adolescenza complessi, ma questo la rende ancora più forte e motivata in quella che sarà la sua passione e professione. Dopo le scuole superiori decide di voler diventare fotografa nonostante le idee contrastanti della madre con la quale non ha mai avuto un buon rapporto.
Tra il 1917 e il 1919, dopo aver frequentato la Columbia University di New York, lavora come fotografa freelance.
Inizia a viaggiare, fermandosi a San Francisco, capitale della fotografia americana, dove apre un proprio studio, ritraendo la borghesia del posto.
Sposa il pittore Maynard Dixon e aderisce ai principi della Straight Photography (traducibile in “fotografia diretta”), linguaggio nato nella prima metà del Novecento in opposizione al Pittorialismo.
Dopo la separazione con il marito Dixon e a causa della crisi economica, Dorothea Lange comincia a dedicarsi al sociale, abbandonando la fotografia ritrattistica in studio.
Dorothea Lange Un uomo accanto a una carriola, San Francisco, California, 1934
Nel 1929 la Depressione, detta anche Grande Crisi o Crollo di Wall Street, aveva colpito soprattutto la classe media. La Lange coglie la situazione fotografando e documentando i poveri e la città in cerca di aiuto.
Nel 1939 pubblica insieme a Paul Taylor “An American Exodus” (un esodo americano), che documenta l’esodo di più di 300mila immigrati arrivati in California alla ricerca di lavori agricoli. Utilizza come didascalie conversazioni udite durante la ripresa o estratti di giornali.
Più tardi Lange accompagnò Taylor in Asia, dove continuò a scattare fotografie, comprese quelle di gambe, piedi e mani di ballerini in Indonesia.
Viaggiò anche in Irlanda per la rivista LIFE.
La Lange lavora spesso per questa rivista ed Edward Steichen la include nella storica mostra “The family of man“.
Nel 1947 collabora alla nascita dell’agenzia Magnum e nel 1952 partecipa alla fondazione della rivista Aperture.
Qualche mese dopo la sua morte, l’11 ottobre 1965, il MoMA di New York (Museum of Modern Art) espone in una grande mostra le sue opere, la prima dedicata a una donna nella storia del museo.
Rural Resettlment Administration (RA)
Tra il 1935 e il 1939, la Rural Resettlment Administration, organismo federale del rilevamento della crisi economica americana, incaricò Dorothea Lange a produrre numerosi reportage sulle condizioni di vita di manovali, operai e immigrati.
Farm Security Administration (FSA)
L’esperienza che darà una svolta al suo percorso è l’incontro con l’economista Paul Taylor che, nel 1935, la introduce al servizio della Farm Security Administration (FSA), un programma creato per combattere la povertà in America.
Verso la seconda metà degli anni Trenta, nel sud degli Stati Uniti, partecipa e collabora con il fotografo Walker Evans, realizzando reportage sulle condizioni di vita di queste persone nelle zone rurali degli USA.
La Lange viaggia principalmente in California per documentare le difficoltà degli agricoltori migranti che erano stati guidati a ovest dalle devastazioni della Grande Depressione e del Dust Bowl.
Dust Bowl (conca di polvere) è un termine specifico che sta ad indicare una serie di tempeste di sabbia, causate da inappropriate tecniche agricole, che colpirono gli Stati Uniti e il Canada.
Dorothea Lange si contraddistingue lasciando l’impronta della sua personalità con la “fotografia unica” e commuovendo per l’umanità che era ed è in grado di trasmettere attraverso i suoi scatti.
Si tratta di una documentazione fotografica creata per attirare l’attenzione sulla difficile condizione dei poveri e sulla straziante miseria dei lavoratori e delle loro famiglie che vivevano e si spostavano in cerca di una condizione più dignitosa.
Dorothea Lange Madre senza patria, California, 1936
Una delle fotografie più famose e più pubblicate all’interno del progetto FSA è “Madre senza patria”, ritratto di una lavoratrice della California che si sposta di paese in paese con i suoi tre bambini.
Possiamo notare come il volto della giovane donna sia segnato dai segni del tempo. Il suo sguardo è profondo e angosciato.
I suoi bambini cercano protezione appoggiandosi a lei, nascondendosi timidamente davanti all’obiettivo dei Dorothea Lange.
Grazie a questa sua opera, la Lange, ha creato un’icona della fotografia dell’impegno sociale.
All’inizio di marzo del 1936 passò davanti ad un cartello che diceva “PEA-PICKERS CAMP” a Nipomo, in California (campo di raccoglitori di piselli).
A quel tempo la Lange lavorava come fotografa per l’Amministrazione di reinsediamento (RA), un’agenzia governativa dell’era della Depressione creata per sensibilizzare l’opinione pubblica e fornire aiuti agli agricoltori in difficoltà.
Dopo aver superato il cartello Dorothea riconsiderò la situazione e tornò al campo in un accampamento di contadini, dove incontrò una madre e i suoi figli.
Vennero create sei esposizioni della donna, la 32enne Florence Owens Thompson, con varie combinazioni di pose dei suoi figli. Di lei non chiederà nemmeno il nome, le basta sapere che ha sette figli ed ha appena venduto i copertoni dell’auto per sfamare la famiglia. Manca il padre in quel momento, perchè era impegnato a riparare il camion.
Questa immagine è stata esposta per la prima volta al MoMa di NY (Museum of Modern Art) nel 1940, con il titolo di “Pea Picker Family, California“.
Nel 1966, quando il Museo tenne una retrospettiva del lavoro di Dorothea Lange, aveva acquisito il titolo attuale di “Migrant Mother, Nipomo, California“.
In realtà, questa fotografia è il frutto della collaborazione della madre con la Lange e, per questi scatti, alla donna non verrà dato alcun compenso.
Questa è un’immagine di bisogno, ma anche di forza e resistenza, diventata una vera e propria icona del Novecento, un vero e proprio simbolo della sofferenza e della lotta per la sopravvivenza.
La Lange svilupperà un percorso dedicato ai migranti e ai lavoratori, creando scatti di forte impatto e riflessione.
Nel 1933 Dorothea Lange visitò una linea di rifornimento vicina, che una donna nota come “l’angelo bianco” aveva allestito per sfamare le legioni di disoccupati, nasce cosi la foto: White Angel, fila per il pane.
Si tratta di una fotografia di un uomo che decide di allontanarsi e girarsi in senso opposto alla folla affamata: le sue mani intrecciate e la sua mandibola, vengono immortalate come in un segno di disperazione collettiva. Possiamo notare, inoltre, la posizione delle mani come in segno di preghiera ed infine accorgerci che la tazza è vuota.
I Giapponesi internati negli Stati Uniti
Nel 1942 l’Autorità di delocalizzazione del governo ha incaricato la fotografa a documentare l’internamento di guerra dei giapponesi americani, si trattava di creare dei reportage sull’“evacuazione” e il “ricollocamento” di queste persone. La Lange fu fortemente in opposizione con l’amministrazione Roosevelt, ma accettò l’incarico.
Realizzò immagini critiche, che il governo ritirò per tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale.
Dopo l’attacco del 7 dicembre 1941 di Pearl Harbor, il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt firmò il 19 febbraio 1942 l’ordine esecutivo 9066. L’intervento stabiliva che tutti i giapponesi residenti negli Stati Uniti, anche quelli nati in territorio americano, dovessero essere trasferiti nei campi di concentramento.
Più di 100mila persone d’origine giapponese furono costrette ad abbandonare le loro case, il loro lavoro e i propri affetti.
Il governo le rinchiuse e le divise in dieci campi, il più noto è quello di Manzanar in California, dove più di diecimila persone furono costrette a vivere in condizioni estremamente ed umanamente critiche.
Anche se contraria, accettò l’incarico perché credeva che
“un ritratto fedele delle operazioni sarebbe stato utile in futuro”.
I comandanti militari che esaminarono gli scatti della fotografa Lange si resero conto che il suo punto di vista non era consono per l’incarico che le avevano affidato, le foto furono quindi sequestrate e immagazzinate nei National Archives, dove rimasero per molti anni.
Tim Chambers, per contribuire all’organizzazione American Civil Liberties Union, mise in vendita sul suo sito alcune fotografie selezionate da Dorothea Lange.
La ACLU si schierò contro i campi d’internamento dei giapponesi.
Conclusioni
Per Dorothea Lange la sua Leica è stata una grande compagna, un mezzo per esplorare, riflettere ed imparare.
“Bisognerebbe utilizzarla come se il giorno dopo si dovesse essere colpiti da improvvisa cecità”.
Citazione di Dorothea Lange in riferimento alla sua macchina fotografica
I suoi soggetti furono i migranti della crisi, le vittime dello sfruttamento e dell’oppressione provocati dal razzismo e, infine, gli americani di origine giapponese nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dorothea Lange, quindi, è stata una fotografa e fotoreporter di documentari americani, meglio nota per il suo lavoro nell’era della Depressione per la Farm Security Administration (FSA), conosciuta per il rispetto e la delicatezza con cui ritraeva queste persone.
Dorothea Lange è la fotografa delle persone (photographer of the people) e, grazie al suo lavoro e alla sua passione, riuscì a portare a conoscenza di tutti queste vicende con grande umanità.
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