Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno Crispin Crispiano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso è l’astruso nome di colui che è conosciuto unicamente come Pablo Picasso, avendo scelto di assumere il cognome materno, come consentito dalla legge spagnola.
“A tredici anni dipingevo come Raffaello. Ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino.”
Cit. Pablo Picasso
Picasso nasce il 25 ottobre 1881 a Malaga in Andalusia.
Suo padre, insegnante nella scuola d’arte locale, lo avvia anticipatamente all’apprendistato artistico.
Il giovane manifesta una straordinaria attitudine, tanto che all’età di quattordici anni espone già un suo primo dipinto ad una mostra di Barcellona, riscuotendo il meravigliato consenso della critica.
Nel 1891 frequenta la Scuola d’Arti e Mestieri in Galizia, ma già nel 1895 viene ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona, città alla quale rimarrà sempre legato.
Due anni dopo frequenta anche la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid.
Frequenta assiduamente il Museo del Prado, applicandosi in modo particolare allo studio di grandi pittori spagnoli del passato.
Nell’ottobre del 1900 Picasso, per la prima volta va a Parigi ritornandovi poi per mezzo secolo. Seguiranno i periodi più rilevanti e sovversivi della sua ricerca artistica.
Alla fine della Prima Guerra mondiale Picasso alterna a grandi dipinti monumentali vivaci riprese cubiste, interessandosi nel contempo anche alla grafica e alla scenografia, curando allestimenti teatrali di successo in Francia e in Italia.
Nel 1925 partecipa alla prima mostra surrealista alla Gallerie Pierre di Parigi e negli anni Trenta allarga l’esperienza surrealista alla scultura, introducendo costruzioni in ferro o in materiali eterogenei.
La sua ricerca, infatti, non conoscerà interruzioni fino a tarda età, quando, ormai universalmente celebrato, continuò a sperimentare tecniche, azioni e materiali sempre nuovi.
Pablo Picasso morì a Mougins, in Costa Azzurra l’8 aprile 1973.
Dal periodo blu al Cubismo
Inizialmente lo stile di Picasso oscilla tra l’ammirazione per Cézanne e le generiche tematiche espressioniste e postimpressioniste, come ben si evidenzia nella “Bevitrice di assenzio“(1901), nel quale sono ancora evidenti sia l’allusione di Degas sia l’omaggio a certe figure di “donne perdute” di Tolouse-Lautrec.
Nell’autunno di quello stesso anno, la sua pittura conosce una prima decisiva svolta, conseguita anche dall’emozione suscitatagli dal suicidio per amore dell’amico poeta Carlos Casagemas.
Picasso infatti avvia il cosiddetto “periodo blu“, che si posticiperà fino a tutto il 1904.
Come suggerisce la definizione, si tratta di un tipo di pittura giocato tutto sui colori freddi (blu, azzurro, grigio, turchino).
Anche i temi di conseguenza attingono ad un repertorio di personaggi poveri ed emarginati, segnati dal dolore e sconfitti dalla vita.
A partire dal 1905 la tavolozza di Picasso cambia improvvisamente tono, facendo subentrare le più tiepide gradazioni dei rosa, degli ocra e degli arancio.
Ha così inizio il secondo importante momento della sua maturazione artistica: il cosiddetto “periodo rosa“.
Questa fase di immensa produzione, anche se di breve durata, si concluderà in poco più di un anno alla fine del 1906.
Al mondo degli sfruttati e degli emarginati del periodo blu si sostituiscono ora soggetti ripresi in prevalenza dall’ambiente del circo e dei saltimbanchi.
Gli ultimi mesi del 1906 contrassegnarono il “periodo africano“, denominato anche come “epoca negra“, dove Picasso si interessa molto della scultura rituale africana e polinesiana, che i commerci con le colonie avevano preso parte a diffondere in molti ambienti intellettuali parigini.
In queste opere ricche di espressività, egli cerca le testimonianze di una umanità spontanea e non corrotta, non ancora contaminata da condizionamenti culturali e sociali della tradizione occidentale. In molti sui studi è evidente notare lo stiramento verticale dei volti e la scomposizione dei volumi, che andranno ad introdurre la successiva svolta cubista.
“Les Demoiselles d’Avignon” venne esposta dall’artista nel 1907 e fu valutata come l’erede indiscussa del movimento cubista.
Alla fase analitica (1909-1911), segue la fase sintetica del Cubismo (1912-1913), durante la quale si precisano le diversità stilistiche di Picasso e Braque.
Il periodo più intenso del Cubismo di Picasso sicuramente è questo con colori brillanti e superfici piatte.
L’uso del collage, invece, dona ad ogni composizione un significato nuovo e provocatorio.
Il disegno
Picasso è un eccellente disegnatore, come dimostrano i suoi numerosi schizzi e bozzetti preparatori, nonché la produzione grafica di acqueforti, litografie, xilografie e linoleografie.
Il suo segno continuo e uniforme, custodisce sempre una nitidezza particolare sia che tratti soggetti cubisti sia che prediliga uno stile più figurativo.
L’assenza assoluta di tratteggi e di qualsiasi altro effetto chiaroscurale rimanda all’immediatezza simbolica di uno schizzo che ferma con concretezza l’idea o l’immagine di un momento, magari anche da riprendere o rielaborare in una fase successiva.
Les Demoiselles d’Avignon
Preceduto da numerosissimi schizzi preparatori, nell’autunno del 1906, Picasso inizia a lavorare a un dipinto di grandi dimensioni che, corretto, cancellato, riaggiustato e ridipinto innumerevoli volte, vedrà la luce solo verso la fine dell’anno successivo: “Le signorine di Avignon“.
Picasso snellisce e velocizza le geometrie dei corpi e dello spazio dei solidi volumi di Cézanne. Questo procedimento di semplificazione viene applicato anche alla natura morta con frutta e tovagliolo.
Le stesse figure femminili non risultano più impresse nello spazio ma da esso compenetrate e, a parte il colore rosato dei nudi, sembrano essere costituite dalla stessa materia solida, cosicché ogni differenza tra contenuto (i personaggi) e contenitore (lo spazio) viene automaticamente annullata.
Picasso prende ispirazione dalla scultura iberica per la realizzazione dei volti delle figure centrali, mentre per quelli dei due personaggi di destra alle maschere africane.
In un caso e nell’altro vengono stravolte non solo tutte le regole della prospettiva ma anche quelle del senso comune, che sottintende sempre un punto di vista unico.
Le incongruenze sono finalizzate ad una nuova e diversa percezione della realtà, non più visiva ma mentale, cioè volta a rappresentare tutto quello che c’è e non solo quello che si vede. In questo senso non ci si deve dunque stupire se si vedono contemporaneamente due o più lati di un soggetto: come se si tentasse di ricostruire le varie vedute sovrapponendole l’una all’altra.
Guernica
Il 26 aprile 1937, nel pieno della Guerra civile spagnola, Picasso è sconvolto dalle notizie sul bombardamento della cittadina basca di Guernica.
L’artista reagisce a questo avvenimento realizzando in soli due mesi una tela, intitolandola “Guernica“, ossia un vero e proprio atto d’accusa contro la guerra e la dittatura.
La situazione politica dell’artista è sempre stata democratica e antifascista, tanto che nella Germania nazista alcune delle sue opere vennero bruciate come esempio di “arte degenerata”.
L’opera, le cui fasi di esecuzione furono tutte documentate fotograficamente da Dora Maar, venne simbolicamente frequentata nel Padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale di Parigi del 1937 e in tutto il mondo destò uno scalpore ed una commozione pari solo all’indifferenza derisoria con la quale venne invece giudicata nella Germania di Hitler e nell’Italia di Mussolini.
Guernica (3,5m di altezza e quasi 8m di lunghezza) evidenzia la propria funzione di manifesto ideologico e politico, racchiudendo uno dei punti più alti di tutta l’arte di Picasso.
Il dipinto presenta il tragico momento caotico del bombardamento.
Il colore viene tralasciato in favore di un coeso insieme di grigi e azzurri su sfondo antracite. Le figure emergono come spettri, illuminate all’improvviso dai lampi delle esplosioni.
La composizione è organizzata in tre fasce verticali:
- le due laterali sono più strette, fra loro uguali e simmetriche rispetto a quella centrale;
- nella fascia centrale è ammassato il maggior numero di personaggi, nella disperazione dei quali prevalgono allineamenti fortemente geometrizzati, attorno alla figura gigantesca di un cavallo ferito che fugge impaurito.
A sinistra una madre scaglia al cielo il suo grido mentre abbraccia il cadavere di suo figlio. Il naso rovesciato costituisce il tragico indizio della morte appena avvenuta.
Dal lato opposto della tela le fa eco l’urlo tormentato di un’altra donna che, fra gli edifici in fiamme, alza le braccia in segno di orrore e disperazione.
Al centro il cavallo, simbolo dell’arduo popolo spagnolo, addolorato nitrisce tendendo verso l’alto una lingua affilata come una scheggia di vetro.
Persone che cercano di scappare, come la donna che dall’angolo in bassi a destra si getta verso il toro, simbolo di violenza e brutalità.
Quelle bocche rivolte al cielo urlano dolore e vendetta, dove è possibile notare il susseguirsi di luci e ombre che sottolineano le varie esplosioni e incendi.
In questo dipinto Picasso fonde Cubismo analitico e Cubismo sintetico. Tutto è movimento e dramma.
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