“Cinque minuti sospesi, è la rappresentazione figurativa di una lunga ricerca legata all’identità dell’uomo. Il tragitto che risale al primitivismo e temi ancestrali dell’uomo, si coniuga sino all’era moderna, immortalando attraverso la fotografia attimi di vita contrastanti di molteplici soggetti. L’identità dell’uomo è in continua evoluzione o semplicemente sospesa.“
Citazione di Emanuela Caso
L’autore che meglio ha interpretato la crisi e le problematiche correlate all’identità individuale è stato sicuramente Luigi Pirandello che è riuscito a mettere completamente a nudo la figura dell’uomo, il quale è continuamente in cerca di una propria identità.
L’io che viene descritto è determinato da maschere che inconsciamente l’uomo assume per adeguarsi alla società e per stare al passo con la collettività.
Possiamo quindi affermare che il caos è il pilastro della letteratura di Luigi Pirandello: l’essenza dell’individuo, l’aspetto mutevole dell’uomo e l’ambiente che ci circonda.
L’euforia di sentirsi UNO si contrappone al decadimento della civiltà moderna che ci ricorda che siamo NESSUNO perché per chi ci vede siamo CENTOMILA.
“Nel lungo tragitto della tua vita incontrerai tante maschere e pochi volti”
Citazione di Luigi Pirandello
Lo scrittore sostiene che per necessità e conformismo l’uomo si adatta e vive all’interno di una società spesso prestabilita, mettendo in discussione più volte il proprio io.
Siamo spesso ingannati da convenzioni che costituiscono “la forma”, giudicando l’apparire piuttosto che l’essere.
Questo caos incombe anche nella fotografia con una perpetua trasformazione dell’uomo.
“Cinque minuti sospesi” è un progetto che rappresenta l’evocazione del drammaturgo e poeta italiano, esaminando attraverso l’arte figurativa della fotografia un preciso istante di vita del soggetto, che può essere a sua volta una raffigurazione di apparenza momentanea.
“C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro.E quando stai solo, resti nessuno.”
Citazione di Luigi Pirandello
L’immagine del sé e l’identità sociale
L’immagine del sé, ossia la figura che abbiamo di noi stessi, suggestiona e influisce sul nostro modo di essere e di agire.
Ognuno di noi è inserito in un contesto sociale che contribuisce alla costruzione della propria immagine, la quale risulta condizionata dalla relazione con gli altri e dalle rispettive opinioni su ciò che siamo e su come appariamo.
L’identità personale quindi è tutto ciò che noi siamo: dai nostri dati anagrafici alle caratteristiche fisiche e culturali. Essa si costruisce prevalentemente nel rapporto con gli altri a partire dalle prime figure di riferimento. Si tratta di un processo che inizia alla nascita e non si ferma al raggiungimento dell’età adulta ma prosegue per tutta la vita.
Essa si definisce positiva se il soggetto mostra un alto grado di autostima mentre negativa nel caso opposto.
L’approvazione che la circostanza offre all’individuo influenza decisamente la propria autostima e più proverrà da persone per noi importanti, più significativo sarà il contributo.
Se quindi ci confrontiamo con persone che sono socialmente significative per noi la nostra autostima si rivelerà ampliata.
Altrettanto ogni nostra decisione sarà̀ basata sulla conferma dell’immagine del proprio sé.
In una ricerca, Mindy Csikszentmihalyi e Eugene Rochberg-Halton analizzarono come le persone, pur avendo in comune gli stessi oggetti, attribuissero loro valori differenti.
È risultato che l’individuo sceglie in base a motivazioni personali e diverse tra loro, caratterizzate dalle proprie esperienze: importanza nel differenziarsi.
Oltre ai fattori sociali anche i propri ricordi contribuiscono al miglioramento dell’immagine di sé. L’individuo comunica tramite le proprie azioni e dunque tramite il comportamento. Importante sottolineare che giocano un ruolo fondamentale anche le emozioni.
Da un lato l’uomo sente il bisogno di conservare la propria indipendenza e di resistere alle influenze esterne, dall’altro la necessità di aderire al gruppo.
In altre parole, egli si trova costantemente combattuto tra il bisogno di uguaglianza e quello di individualità̀.
Identità nell’Arte
Possiamo quindi affermare che il contesto dell’identità spazia veramente in molti campi: dalla psicologia alla sociologia, dalla fotografia e all’arte, ecc.
Vi è sicuramente un esempio in Pablo Picasso il quale vide nelle maschere africane non solo degli oggetti etnici con propri significati legati alla cultura di origine, ma forme di mediazione tra gli uomini che le avevano realizzate e le forze ignote.
Un ritorno in tutti i sensi al Primitivismo, ossia ad una modalità più naturale e spensierata di guardare alle cose, come accade per esempio nell’infanzia, senza la contaminazione della cultura e dell’opinione altrui. Senza quella voglia di far parte a tutti i costi di un gruppo nella nostra società.
Renè Magritte con “Il figlio dell’uomo (1964)” presenta sicuramente un altro esempio dell’identità nell’arte.
Il pittore decide di utilizzare la mela verde come una maschera, la quale nel quadro serve per nascondere la realtà e quindi il volto dell’uomo, sostenendo che ogni cosa visibile ne nasconde sempre un’altra.
Ma chi è veramente quest’uomo? Si tratta del ritratto di questa persona che si trova davanti a noi e che quindi esiste. Nessuno può conoscere veramente la sua identità perché ha il volto coperto.
La nostra mente può creare liberamente immagini, facendo svariate associazioni.
In Magritte quindi vive il Surrealismo: non esiste alcuna logica o razionalità.
Identità nell’Arte: L’Arte Contemporanea
Il 1989 segna una data storica: la caduta del muro di Berlino, ma anche il passaggio tra due epoche dell’arte contemporanea. Gli artisti iniziano a confrontarsi con realtà allora sconosciute.
La performance, l’installazione, la video art: nomi che ci siamo abituati ad utilizzare nella storia dell’arte della seconda metà del ‘900, vanno a confluire in un’unica grande etichetta: l’arte contemporanea.
Essa non è fatta soltanto di immagini nuove, ma di immagini che appartengono alla storia dell’arte, alla storia della modernità in generale e alla storia di altri mezzi di espressione (cinema, teatro, letteratura, storia politica, attualità, simboli, icone).
Si può dire quindi che nel passaggio tra anni ’80 e ’90 in qualche modo l’arte prende ancora più consapevolezza della propria posizione di snodo centrale tra le esperienze, non soltanto nel campo delle immagini, ma nel campo delle forme politiche, della comunicazione, dell’identità sociale e individuale, dando poi sostanza al grande fenomeno della post-modernità o tarda modernità.
Cindy Sherman – “Self made”
Nessun artista contemporaneo più di Cindy Sherman è riuscito a raffigurare in questo modo il ruolo femminile nella società di oggi ma non soltanto, ella è stata anche in grado di rappresentare una mutazione della donna sia fisicamente che socialmente nell’arte contemporanea.
La Sherman è un’artista che inizia alla fine degli anni ‘70 a lavorare con la fotografia e ad utilizzare sé stessa come soggetto dei propri scatti fotografici.
Cindy è l’attrice e la fotografa delle proprie opere: si traveste, si infila dentro altre identità.
Ella parla con la sua fotografia del destino femminile, del doversi sempre aggiornare dal un punto di vista estetico per piacere all’uomo. Spesso impersonando donne di mezza età attraverso il trucco e la chirurgia.
L’età e il tempo che passa avrà la meglio sul corpo di tutti sia uomini che donne, ma sul corpo femminile sarà notato sempre di più.
Queste donne esprimono con il loro sguardo quasi impotente davanti a questa sfida la voglia di rimanere eternamente giovani e belle, anche se non c’è possibilità di vittoria.
La consapevolezza di sapere che tutti gli sforzi, per quanto eccessivi possano essere, sono destinati a fallire.
Negli occhi della protagonista questa quasi arrendevolezza davanti al corso della vita.
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