Cindy Sherman nasce a Glen Ridge negli Stati Uniti, nel 1954.
Ella frequenta lo State University Collage a Buffalo, vicino a New York.
La sua ricerca si rivolge al mondo della fotografia, utilizzata con canoni diversi dalla tradizione: le sue immagini sembrano fotogrammi tratti da un film, ma in realtà sono delle autentiche fotografie che rimandano al mondo del cinema o della televisione.
Espone in gallerie e musei statunitensi sin dagli anni Ottanta.
Gli ultimi lavori della fotografa Sherman approfondiscono le tematiche del doppio e della messa in scena, conferendo particolare rilievo al ruolo della donna all’interno della società e dell’immaginario collettivo.
Tecnica e contesto
Cindy Sherman è l’unica e la sola protagonista delle sue opere. Ella interpreta, attraverso il travestimento, differenti personaggi tratti dal mondo della fantasia o dal mondo della storia dell’arte.
Vuole esaltare soprattutto il contenuto, facendo accettare gli aspetti più sgradevoli di un’immagine che si fa sempre più violenta. Le opere della fotografa nascono in un contesto artistico particolare, dominato dal ritorno della pittura al centro della scena artistica contemporanea.
Cindy Sherman e con lei gli esponenti della “stage photography” (fotografia di scena), comprende che la crisi della fotografia è solo apparente.
Nascono così fotografie che ripropongono immaginarie scene di film: autentici fermi immagine di una pellicola.
La situazione ritratta è pressoché totalmente inventata, come se ci si trovasse in un set cinematografico.
Le immagini, infine, contengono colori molto saturi.
La partita del travestimento ha sempre avuto una particolare fortuna nella storia della fotografia.
Lo stesso tema dell’autoritratto in costume ha avuto grande successo, in particolare proprio nel corso degli anni Settanta.
Cindy Sherman si situa appieno all’interno di queste tematiche e in ogni sua opera recita una parte, non ritrae mai se stessa, utilizzando molto l’ironia.
La fotografa si avvale di un’illuminazione molto forte, che pone in risalto l’artificiosità della composizione.
Infine, va notato l’aspetto volutamente kitsch, ossia di cattivo gusto, dell’immagine. Questo aiuta l’artista a porre lo spettatore in una condizione di disagio, riscattata dall’ironia che traspare l’intera immagine.
Per sapere ulteriori informazioni su questa grande fotografa contemporanea, puoi consultare questi due libri:
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