Oggi parliamo di lettering, un concetto diffuso all’interno del visual design spesso confuso con calligrafia e tipografia: in realtà, si tratta di tre termini strettamente correlati tra di loro con alcune analogie e differenze sottili.
Tipografia, calligrafia e lettering sono tre concetti che hanno a che vedere con la scrittura, ma quest’ultimo ha un significato più complesso, legato allo studio dei componenti dei caratteri e delle lettere in funzione di un progetto artistico e di un disegno, non semplicemente di una riproduzione seriale.
Proseguendo con la lettura scopriremo tante curiosità sul concetto di lettering, toccando i punti importanti tra cui linguaggio, codice riconoscibile, sistema di segni facilmente accessibile a tutti.
Il Lettering è riconoscibile a tutti
Esiste una valenza democratica alla base del lettering, quell’urgenza di comunicazione e di condivisione di un linguaggio comune e comprensibile a tutti.
Il lettering è formato dalle lettere dell’alfabeto ed è quindi un codice, un linguaggio codificabile e allo stesso tempo un insieme di segni riconoscibili a più persone possibili, sicuramente a quelle che sanno leggere e scrivere.
Il lettering è un codice che appartiene ad una comunità e per essere efficace deve innanzitutto essere chiaro e comprensibile, poiché altrimenti non esiste comunicazione.
È un sistema universale, un codice che appartiene a tutti, basti pensare alle persone sordomute che utilizzano il linguaggio dei segni e scrivono per comunicare e farsi capire. Possiamo renderci conto immediatamente che il lettering va oltre alle lingue straniere e alla comunicazione verbale, per rendersi accessibile anche a chi è diversamente abile o non parla la stessa lingua.
Sì, perché esistono tanti idiomi differenti, ma alla base del linguaggio rimane pur sempre l’alfabeto che è un insieme di segni e di simboli (A, B, C..) che vanno a comporre parole (Albero, Barca, Casa..) che a loro volta hanno all’interno un significato (pianta con fronde e rami, imbarcazione, focolare).
Ad ogni segno appartiene un fonema che va a generare un concetto parlato ma come possiamo intuire, si tratta di una fase superiore, quella del linguaggio codificato, dell’assegnazione di una lettera ad un suono e quindi di una parola.
Facciamo un piccolo flashback storico e pensiamo all’uomo preistorico che viveva nelle caverne e comunicava attraverso i segni e le pitture rupestri, in cui il fattore dell’immagine era fondamentale.
Esisteva una primordiale comunicazione e un codice di riferimento ma era composto da fonemi, da associazioni di suoni ad immagini e non era un linguaggio stabilito per quella comunità. Il lettering e la scrittura cominciano quando si dà alle cose una codificazione in suoni, e ciascun fonema è ulteriormente associato ad una lettera che va a comporre una parola.
Quando si codifica e si stabilisce un linguaggio per tutti, allora si può parlare delle primissime forme di scrittura ma non si può isolare il fattore linguistico da quello dell’immagine e del visual.
Ecco che ritorna quella componente visiva così urgente, una vera e propria emergenza comunicativa di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, quello attinente al visual design.
Pensiamo alle prime forme di lingue, più che altro ai codici primitivi ed essenziali per comunicare tra tribù.
L’uomo delle caverne non può fare assolutamente a meno del significato da cui deriva quel significante (la parola in lettere e lettering, per l’appunto), per cui prima di essere una forma, la lingua è contenuto, un concetto, un’idea.
Pensiamo a tanti biscotti a forma di lettere che si tuffano nel latte caldo la mattina: si intingono di spessore, di significato, come una spugna che assorbe un liquido e intrappola la macchia.
Le lettere cadono dall’alto e si compenetrano negli oggetti, come l’idea dà significato alle cose.
La forma non potrà mai sostituire il contenuto e quindi non esiste lettering senza significato e senza rappresentazione grafica, visiva, di immagine.
Se andiamo a cercare una comune definizione di lettering, leggeremo che si tratta dalla ricerca di una nuova stilizzazione in forma grafica e visual delle tradizionali lettere dell’alfabeto: a noi piace specificare che il lettering costringe il significato e il contenuto all’interno delle forme, quindi è significato più significante e non può mai essere avulso dal concettuale e dal visivo.ù
Lingua: forma o contenuto?
Abbiamo prima chiarito che la lingua codificata di un popolo è il connubio tra un insieme di segni e fonemi che corrispondono ad un significato. Possiamo quindi sottolineare la connotazione profondamente concettuale di qualsiasi lingua che non può essere forma senza contenuto e non può esistere senza un particolare riferimento cognitivo.
Romeo di William Shakespeare diceva che una rosa perde il suo nome senza il suo profumo, come l’amore perde significato senza la presenza della bella Giulietta: un modo molto romantico per sottolineare quanto il lettering sia un’espressione estetica ma valga come involucro di un qualcosa di più profondo e cioè il contenuto che si cela dentro di essa.
Se lingua è lo sposalizio perfetto tra forma e contenuto, la scrittura è un insieme di regole progettuali che valgono nel rispetto e in sinergia ad altre espressioni linguistiche verbali e non verbali.
Per rendere universale un messaggio, ad esempio, è necessario conoscere altre culture e arricchire (e soprattutto variare) il proprio background con strumenti sempre rinnovati.
Lingua e scrittura partecipano attivamente e sono in combinazione con altri meccanismi come la pittura, la scultura, ma anche le arti primitive e primordiali dell’action painting e della gestualità come forma comunicativa istintiva.
Ampliare le proprie conoscenze e aprirsi ad altri mondi è necessario, ungente, vitale: uscire dalla visione occidentale e centrista a cui ci hanno abituato a scuola, ad esempio, è stuzzicante e formativo perché ci permette di conoscere le culture orientali così pregne di simbologia e di significato, in cui il simbolo è una vera protesi e un prolungamento del contenuto.
Conoscere altre espressioni differenti dalla nostra e uscire dalla comfort zone è la strategia vincente per rendere il nostro messaggio universale e stimolante per un’audience assortita.
Un po’ di storia del lettering in pillole
Andiamo ora a snocciolare qualche concetto storico, partendo dalle prime scritture sillabiche, all’origine dei primi alfabeti e all’evoluzione della scrittura da un insieme di fonemi ad un linguaggio codificato.
La scrittura cuneiforme (3.000 a.C.)
Come si può intuire dalla definizione stessa, si tratta di una forma di scrittura molto antica che risale alle popolazioni dei Sumeri e dei Babilonesi e utilizza dei punteruoli cuneiformi che imprimono dei simboli stilizzati su una tavoletta di argilla fresca.
Una volta asciugatasi, i segni rimangono impressi un po’ come succede all’effetto della luce sulla pellicola fotografica, o del timbro ad inchiostro della lettera sulla carta stampata dell’orafo Gutenberg, millenni di storia più avanti.
L’alfabeto è composto da una serie di segmenti stilizzati, come dei regoli di un antico codice o dei piccoli segni Morse combinabili tra di loro.
Il sistema alfabetico dei Fenici (1300 a.C.)
L’alfabeto degli antichi Fenici è considerato il primissimo sistema di codici e simboli singoli e indipendenti che combinati insieme formano parole e quindi concetti.
Si tratta di un sistema importantissimo nella storia della lingua perché finalmente rende la scrittura più agevole e semplificata, più veloce e immediata, l’ideale per un uso funzionale quotidiano, cioè il commercio e lo scambio.
Da quel momento la scrittura passa da un insieme di simboli figurati e ideogrammi, come ad esempio negli antichi Egiziani, ad un codice stilizzato indipendente, effettivamente più facile da riprodurre sulle pergamene di papiro e di carta e quindi più funzionale ed efficace per la vita di tutti i giorni.
I Fenici sono conosciuti per essere stati profondi conoscitori della navigazione, commercianti esperti, medici e intellettuali, quindi un popolo assolutamente evoluto rispetto ai precedenti: ad oggi vengono considerati i veri fondatori della scrittura moderna che poi è stata rinnovata e adattata dagli antichi Greci.
I Greci e il cambiamento del verso della scrittura
La rivoluzione dell’alfabeto greco è di aver aggiunto le vocali alle consonanti del primordiale codice Fenicio da cui si ispira: l’introduzione delle forme vocali sancisce in forma ufficiale l’avvento della prima lingua indoeuropea in forma flessiva e, secondo alcuni critici letterati e storici dell’Accademia della Crusca, stimola l’introduzione di pensieri nuovi e più articolati.
Inoltre, l’avvento dell’alfabeto degli antichi Greci riduce in modo considerevole i caratteri e quindi semplifica l’uso della scrittura e la rende accessibile ad un pubblico molto più vasto.
In sintesi, la scrittura non sarà più solamente appannaggio del ricco e dell’aristocratico, ma anche del mercante apprendista, dell’artigiano che lavora nella propria bottega, della moglie che provvede alla spesa quotidiana per tutta la sua famiglia.
Infine, i Greci cambiano il verso della scrittura che va da sinistra verso destra, più immediata e più facile da riprodurre, anche se non ci sono piani d’appoggio e si è in piedi (fondamentale per mercanti, viaggiatori, uomini d’affare).
In Italia: gli Etruschi nel 400 a.C.
Il popolo degli Etruschi è un altro protagonista della storia e dell’evoluzione della scrittura e delle lingue indoeuropee: si sviluppa tra l’Italia Settentrionale e quella Centrale ed è una civiltà altamente sviluppata nella produzione e nella lavorazione dei metalli, tra cui ferro, rame, bronzo e le versioni preziose dell’argento e dell’oro. L’innovazione della scrittura degli antichi Etruschi è che passa da sillabica a moderna; oltre alle vocali, e al verso da sinistra verso destra, si introduce anche l’uso sapiente degli spazi tra una parola e l’altra, un ulteriore vantaggio nella lettura di ogni singolo termine della frase.
Le parole separate da uno spazio, però, sono una conquista degli ultimi secoli più floridi della cultura etrusca, quelli che culmineranno con i fasti e la ricchezza culturale degli antichi Romani, punto di riferimento non solo nel nostro Stivale italiano ma di tutto l’antico continente europeo.
Le popolazioni locali nei villaggi parlano idiomi locali che si diversificano da un borgo all’altro, quindi non esiste una lingua ufficiale italiana e non ci sarà fino al volgo toscano utilizzato da Dante Alighieri nel Medioevo. Ci vorranno molti anni ancora prima della nascita di un linguaggio comune che è alla base della nostra moderna lingua italiana.
La scrittura ufficiale romana è il latino, quello della lingua politica e dei documenti, quello degli Imperatori e dei filosofi e letterati romani: si tratta di lingua latina dotta, acculturata, ricca di tecnicismi che differiscono a seconda del contesto.
Lo sanno bene gli allievi del Liceo Classico e soprattutto del Ginnasio, quando imparano le declinazioni e le basi grammaticali del latino classico: esistono tanti tipi di latino, quello dei documenti militari, politici, quello dei comandanti come il grande Cesare (che diventa poi anche Imperatore), quello dei letterati e dei filosofi come Cicerone.
Il latino ufficiale dei trattati politici è solenne, autorevole, austero, ma piuttosto semplice da tradurre perché deve essere comprensibile non solo ai plebei ma anche ai patrizi; il latino ecclesiastico è più ampolloso e ricco di figure metaforiche, mentre quello militare è asciutto, agevolato per una scrittura a cavallo. Infine esiste quel latino letterario che studiamo nei grandi Classici, più fantasioso e ispirato, quello che si trova comunemente nelle versioni che tanto ci fanno penare!
In un altro contesto si pongono tutte le lingue e le scritture definite barbare perché non comprese nei confini dell’antico Impero Romano, come quella di Annibale il Cartaginese, oppure delle popolazioni spagnole e più su, delle antiche Britannia e Irlanda.
Il latino, soprattutto quando si conferma appannaggio della cultura cristiana e del cattolicesimo, dopo i fasti del periodo pagano, diventa lingua ufficiale della Chiesa: è grazie agli amanuensi e ai frati benedettini che molte opere dell’antichità ci sono pervenute fino ad oggi, salvate dall’incuria del periodo medievale, i secoli bui.
La cultura dei monaci si caratterizza per un uso decorativo della scrittura, come la realizzazione della capitale quadrata romana, un gioco calligrafico artistico di ricercata dovizia grafica che si compone di equilibri e armonie pittoriche tra forme come il cerchio e il triangolo, inseriti perfettamente in un quadrato (da qui il nome). Queste miniature, assieme alla capitale rustica e a quella corsiva, fanno parte delle scritture librarie, come testi religiosi, letterari, poetici e documenti economici e agrari (in cui si usa più la rustica e immagini stilizzate che ricordano la campagna, la terra e madre natura).
Più il libro e il contenuto sono illustri, più la miniatura della lettera capitale sarà curata e decorata con pigmenti e materiali preziosi come oro e argento.
La scrittura onciale è un’altra forma di scrittura decorativa, caratterizzata da lettere capitali riprodotte in modo artistico, un trend i voga a partire dal III secolo d.C.
Possiamo continuare la nostra lista di scritture ufficiali religiose, non solo dei Vangeli e della parola di Cristo ma anche degli antichi classici latini (in quelle epoche la Chiesa era il solo canale divulgativo della conoscenza), con le scritture nazionali del Medioevo, come la Beneventiana, quella dei Merovingi, dei Carolingi e quella Irlandese. Ci ricordiamo di queste antiche scritture perché ci rimandano a leggende di cavalieri e alla storia di Carlo Magno.
L’anno 1000, invece, è caratterizzato da una grafia altamente decorativa che ricorda le cattedrali e le abbazie gotiche, caratterizzate da altezze verticali e un uso sapiente di vetrate dipinte e mosaici colorati.
Il Rinascimento e una nuova visione dell’uomo al centro del mondo
La scrittura segue il contesto storico in cui è inserita e per questo motivo assistiamo nel Rinascimento ad una progressiva pulizia dello stile che diventa più essenziale e less is more, asciutto e minimalista.
Il 1300 è il secolo che vede protagonista un Maestro di tutta la cultura italiana, Dante Alighieri e la nascita della lingua volgare, un unico italiano embrionale accessibile alle persone non ecclesiastiche, comuni.
Nascono anche le scritture classiche rinascimentali, distinte per una decorazione più sobria e contenuta, un corsivo più stilizzato e ridotto, ancora più facile e veloce da riprodurre e leggere.
Il libro e la cultura in generale non sono più appannaggio esclusivo della Chiesa, ma diventano di dominio comune, l’educazione scolastica si diffonde, il volgo si istruisce a poco a poco. I libri non hanno più quelle dimensioni voluminose di un tempo, ma diventano maneggevoli e prêt à porter, quindi di conseguenza anche le pagine e la scrittura si ridimensionano e si riducono.
La scrittura barocca
Dopo l’Umanesimo e i grandi geni della cultura occidentale come Leonardo e Michelangelo, assistiamo ad un ritorno alla maniera e alla cultura barocca e rococò, ma meno decorativa rispetto alla precedente gotica. Il 1455 è l’anno dell’avvento della stampa, con l’uscita ufficiale della prima Bibbia dell’orafo Gutenberg.
I caratteri neoclassici francesi e inglesi
Possiamo citare il Didot, il Romain du Roi, il Caslon e il Baskerville che sono tutti caratteri speciali e sono i genitori dei più contemporanei font che utilizziamo ancor oggi nelle scritture ufficiali e nel mondo multimediale.
Analizzati da un punto di vista grafico ed estetico, sono caratteri tipografici sobri ma con delle ricercatezze quasi maniacali, come la chiusura della g corsiva o la linguetta della Q.
Il 1700 italiano è caratterizzato dall’incisore Gianbattista Bodoni (1740-1813) da cui derivano per l’appunto i caratteri Bodoni, raffinati e rigorosi come i font creati dal collega inglese John Baskerville ma allo stesso tempo più armoniosi di quelli rigidi e formali, fino al maniacale, del collega francese Firmin Didot.
I caratteri del Manuale Tipografico di Bodoni devono rispettare questi 4 buone virtù:
- devono essere uniformi e regolari (quindi simili tra di loro per essere riconoscibili in un mood generale);
- devono essere eleganti e nitidi (cioè i punzoni devono avere un taglio perfetto e rifinito in maniera meticolosa, da cui ne deriva la matrice che produce caratteri chiari e piacevoli);
- devono avere buon gusto e sobrietà, un omaggio alle antiche lettere decorate del passato ma senza scadere nel Manierismo e nell’eccesso di decorazione;
- ci vuole un pizzico d’incanto, una qualità molto difficile da spiegare ma che ha a che fare con la scrittura come un atto di magia e di amore, dove non c’è posto per la fretta, per il trascurato e la svogliatezza.
Il Liberty e l’Art Nouveau
Si tratta di correnti decorative che prendono il nome dal Paese di origine e hanno come base le arti applicate. Se da una parte l’Ottocento diventa nelle più grandi nazioni europee il secolo dell’istruzione scolastica più diffusa e serrata, da un’altra si respira un ritorno a quel manierismo un poco nostalgico fatto di decorazione ispirata alla natura nel Liberty in Inghilterra, nell’Art Nouveau in Francia e nel Déco in Italia. In sintesi, stampe, locandine, componenti di arredo e, di conseguenza, anche lettering e font assumono le forme naturali delle foglie e dei fiori, con uno spirito curvy e molto dettagliato.
Terminiamo questo excursus nei più celebri esempi di lettering con i caratteri sperimentali del Bauhaus, la celebre fucina tedesca fondata da Gropius nel XX secolo, font dall’estetica rigorosa e stilizzata, quasi scheletrica e facilmente riproducibile dalla macchina.
Segni diacritici e di interpunzione
Con questi segni intendiamo tutti quei simboli che modificano la fonetica della parola come gli accenti, e i segni grafici narrativi come virgolette, punti, due punti e punti e virgola, punti interrogativi ed esclamativi che caratterizzano la punteggiatura e l’andamento del discorso.
Si tratta di una simbologia che si sviluppa in epoca Ellenistica e ha il massimo splendore nel Medioevo dal IX secolo.
Classificazione dei caratteri e componenti fondamentali delle lettere
Per componenti fondamentali delle lettere e dei caratteri si intendono:
- la linea di base, in inglese baseline che è quella linea immaginaria di appoggio di ogni lettera;
- l’altezza della x, in inglese la cosiddetta x-height che è l’altezza dei caratteri minuscoli;
- l’altezza delle maiuscole, in inglese cap-height, capital height;
- l’ascendente e la discendente, cioè quella componente grafica che supera l’altezza della x minuscola, ad esempio la stanghetta della b e la coda della g;
- l’asse della lettera, cioè quella linea immaginaria che collega tutte le parti più sottili del carattere.
Secondo la classificazione di Novarese che è tra le più accreditate, i caratteri si suddividono 10 alcune famiglie che si diversificano per periodo storico, aste e disegno del cosiddetto tratto terminale (che sono tra i componenti base delle lettere).
Abbiamo, quindi, i lapidari (antichi caratteri romani), i medievali (chiamati anche gotici e tipici di Gutenberg) con rifiniture o “grazie” a punta di lancia verso il basso, veneziani (più curvy e arrotondati), egiziani (ad angolo retto), romani moderni e lineari che corrispondono al nostro attuale New Times Roman.
Esistono anche gli scritti calligrafici che riprendono la scrittura a mano in corsivo, gli ornati e i fantasia.
Esiste, infine, un’ultima macro-categoria che differenzia le tipologie di lettere in serif (con “grazie“) e sans serif (lineari e più ortogoali); i primi sono i caratteri con modanature e fregi, mentre gli altri sono quelli introdotti dopo la stampa, più industriali e stilizzati.
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