Jürgen Klauke nacque il 6 settembre 1943 a Kliding vicino a Cochem, a circa 70 chilometri a sud-ovest di Coblenza, in quello che divenne lo stato tedesco occidentale del dopoguerra della Renania-Palatinato.
Egli frequenta la scuola superiore di arte e design di Colonia e lavora inizialmente nel campo del disegno.
A partire dagli anni ’60, utilizza il proprio corpo come soggetto delle sue fotografie, sperimentando il minimalismo e il surrealismo.
Lo ZKM di Karlsruhe esibisce il suo lavoro. Dal 1968 vive e lavora a Colonia.
Egli risolve risolutamente le sue possibilità e limitazioni in modo così completo, così vario e diverso da qualsiasi altro, scoprendo nuovi territori artistici. Solleva la questione della differenza di genere in modo più enfatico e radicale di chiunque altro, evidenziando il problema dell’identità con immagini estremamente provocatorie.
Sin dall’inizio si occupa di problemi legati alla sessualità, psiche, identità con il corpo e alla loro commercializzazione, laddove il suo corpo ha sempre una valenza sostitutiva ed esemplificatrice.
In alcune sequenze svolgono un ruolo importante anche i comportamenti politici, la descrizione della credibilità delle autorità e l’espressione dell’obbedienza.
Studia arti grafiche al Kölner Werkschulen dal 1964 al 1970; verso la fine dei suoi studi inizia a concentrarsi sulla fotografia come mezzo di espressione artistica, realizzando alcuni lavori fotografici dove posa lui stesso.
Dal 1970, Klauke ha lavorato con il corpo umano come oggetto e veicolo per la sua arte, insieme a Robert Morris e Bruce Nauman, ed è diventato uno dei più importanti rappresentanti della “Body Art“.
Nel suo libro “Io & Io, disegni quotidiani e sequenza fotografiche” pubblicato nel 1971, traccia per la prima volta un bilancio del suo lavoro.
Dal 1994 al 2008 Klauke è stato professore di fotografia alla Kunsthochschule für Medien (Accademia delle arti della stampa) a Colonia.
Nel gennaio/febbraio 2016, egli ha avuto la sua prima mostra personale in galleria a New York City, la quale comprendeva una serie di fotografiche completate tra il 1970 e il 1976, principalmente con immagini in costume e androgine dell’artista.
Curiosità sull’artista Jürgen Klauke
Jürgen Klauke è una figura unica nel mondo dell’arte e, molte delle sue creazioni, hanno formato per qualche tempo una parte del più famoso repertorio di arte contemporanea su cui ha esercitato un’influenza enorme negli ultimi trenta anni.
Egli è un pioniere dell’esplorazione multimediale e interdisciplinare, il cui lavoro affascina e irrita in egual misura, oscillante tra i poli di attrazione e repulsione.
Il suo corpo, nel lavoro, sospeso in modo permanente tra attrazione e rifiuto estremo, suscita al contempo fascino e irritazione.
Klauke è stato uno dei primi artisti a utilizzare il supporto fotografico come mezzo di espressione artistica, esplorando in modo coerente, tenace e flessibile le possibilità e i limiti del mezzo, aprendolo a campi finora sconosciuti.
Introdusse, inoltre, i metodi e le modalità di rappresentazione del romanzo delle arti visive: l’uso di schemi narrativi come la sequenza cinematografica o il tableau, costituito da immagini indipendenti suscettibili di essere “lette” in qualsiasi direzione, sia per quanto riguarda la forma che il contenuto.
Si occupa di performance e, in queste provocazioni, ravvisa un mezzo importante per introdurre alla riflessione i consumatori dell’arte. La sua presenza alle performance ha un effetto estremamente convincente, perchè la sua arte e il suo messaggio sono sinceramente autentici.
Fondamentale è lo humor, mescolato spesso anche insieme ai temi più seriosi, cosa che suggerisce infine disperazione, come se ridere fosse l’unica via per sbarazzarsi dell’incapacità di modificare le cose.
Nei suoi primi Autoritratti si presenta ricoperto degli accessori di una società affamata di sesso, ma incapace di amare.
Con un anticipo straordinario, egli ha tematizzato su sè stesso il tema dell’androgino, che oggi denomina ampiamente la società, l’arte e i media.
Con il ciclo “Formalizzazione della noia” degli anni 1979-1980, Klauke giunge al successo internazionale. In questo lavoro sviluppa il linguaggio figurativo di norme comportamentali più severe, ma sempre più impenetrabili, caratterizzate dall’isolamento e dall’incapacità di comunicare.
Jürgen ha sottolineato in particolare la differenza di genere, mettendo in rilievo la questione dell’identità attraverso l’uso di immagini spesso molto provocatorie.
Parallelamente a Robert Morris e Bruce Nauman e prima di Cindy Sherman, Klauke si rivolge al corpo umano come supporto concreto all’espressione di idee artistiche, garantendogli la categoria di un oggetto e un veicolo per il suo lavoro.
I suoi ritratti, inizialmente in abiti esotici stravaganti e in seguito in abiti neri eleganti, anche se leggermente presuntivi, non sono autoritratti ma rappresentazioni dell’altro, poiché artista e spettatore sperimentano improvvisamente un senso di autocomprensione e auto-consapevolezza.
Concettualizzando il mezzo e rendendolo un tema così immanente nel suo lavoro, ha aperto la strada alla “fotografia in scena“.
Mentre la maggior parte degli altri artisti lavorava nel quadro tradizionale della pratica fotografica, Klauke sviluppò grandi formati indipendentemente e implementando le sue idee in sequenze di immagini in grande formato.
Durante la sua carriera, ha costantemente cambiato direzione, e non ha mai rispettato le aspettative o le tendenze della moda del mondo dell’arte.
I lavori precedenti spesso trattano di tabù sociali in modo aggressivo, sovversivo e inquietante, mentre i lavori successivi incarnano uno standard estetico particolare: una rarità nell’arte contemporanea, in quanto, non seguono i movimenti tradizionali.
Il suo lavoro sembra una fonte di irritazione per il mondo dell’arte commerciale: ingombrante e testardo, mentre contemporaneamente vibra una forza sensuale, il tipo di forza che attira immediatamente lo spettatore. In quanto tale, è difficile caratterizzare un artista come Jürgen Klauke usando termini standard di critica d’arte. Le sue foto non si adattano a scatole esistenti e fanno esplodere tutti i cliché famosi.
È necessaria un’attenta analisi per soddisfare le sfide poste dal lavoro di un artista così innovativo. Il problema inizia con il processo di realizzazione dei lavori.
Anche se dipinge e disegna, non è un pittore. Nemmeno lui è un fotografo, tuttavia la parte più importante della sua pratica comprende lavori fotografici. È responsabile della messa a punto dell’oggetto, il design e la sua realizzazione.
Klauke è il direttore dell’attuazione visiva e, fino a poco tempo fa, l’attore nelle sue produzioni. Guardando il modo in cui lavora, potrebbe essere paragonato a grandi registi come Buster Keaton, Claude Chabrol o David Lynch.
Il suo lavoro è anche cinematografico, perché la figura centrale incarnata dall’artista non è identica a Klauke, ma ha qualcosa in comune con lui. Sarebbe un equivoco leggere le sue opere come autoritratti, sebbene le serie e le sequenze precedenti siano l’equivalente più vicino.
Molti dei suoi lavori sono stati realizzati su video, ma la sequenza fotografica è rimasta il suo mezzo espressivo fondamentale.
Uno dei suoi ultimi cicli “Pro Securitas”, per la prima volta prende maggiormente le distanze dalla sua persona e prosegue contemporaneamente con grande rigore formale l’obiettivo di attraversamento delle appartenenze.
Il contrasto che egli spesso produce tra riduzione scheletrica delle forme e grandezza monumentale suscita, non solo nel caso dell’autoritratto, l’idea di reliquia.
Le opere mostrano effettivamente scene sociali compattate, riflessioni dell’altro, compresa quella dello spettatore. Più precisamente, mostrano immagini di sindromi sociali e psicologiche: a volte entrando nel grottesco, a volte accentuato dall’ironia.
I temi fondamentali del suo lavoro sono: la rottura della comunicazione umana, la perdita della ragione di vita, la paralizzante vacuità e la noia di un’esistenza insoddisfatta, le suggestive minacce all’identità mentale e fisica attraverso il potere dei media e la meccanizzazione della propria vita, non escludendo il corpo umano.
Quando Klauke si allontana da questo programma, a volte attraverso l’ironia, lo fa per esprimere la disperazione piuttosto che creare distanza. Questa ironia non evoca risate liberate nello spettatore, ossia risate che rapidamente si dissolvono in un improvviso senso di autocoscienza, quando si guarda l’Altro nell’arte di Klauke lo spettatore si incontra come estraneo.
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1 commento su “Jürgen Klauke: il corpo umano come oggetto e veicolo per la sua arte”
La mia modesta interpretazione
è quello dell’artista nel riuscire ad attrarmi con foto , e mi domando che sensazione provasse l’artista Klaus.